Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi non la prova:
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
“Tanto gentile e tanto onesta pare” di Dante Alighieri
Il periodo letterario in cui Dante e i suoi amici operano è quello dello Stilnovismo (1280-1310). Il “dolce stil novo” deriva direttamente dal canto XXIV del Purgatorio della “Divina commedia” dello stesso poeta, in cui Bonagiunta Orbicciani definisce il sonetto “Donne ch'avete intelletto d'amore” un nuovo stile di far poesia. Questo nuovo stile prende spunto dall'amore cortese tramandato dalla scuola siciliana (a cui appartiene Jacopo da Lentini) e si allontana palesemente con riferimenti polemici abbastanza evidenti dalla maniera guittoniana.
Immagine presa da Wikipedia. "Ritratto di Dante", Sandro Botticelli, 1495, collezione privata
La poesia volgare in Italia si diffonde più tardi rispetto il resto d'Europa e grazie ai poeti, prevalentemente di origine non nobile, che gravitano attorno alla figura di Federico II di Svevia. La poesia diventa l'unico modo per auto-nobilitarsi utilizzando l'amore come unica possibilità di elevazione e diventa l'unico tema di una poesia chiara e concisa (“trobar leu”, letteralmente “comporre in modo lieve” nella letteratura in lingua d’oc dei trovatori). La lirica siciliana si espande successivamente con gran successo in Toscana ed Emilia Romagna (grazie alla cattura di Enzo, figlio di Federico II e la sua prigionia a Bologna) dove viene addirittura tradotta, perdendo il volgare siciliano originale. Il volgare toscano diventa quindi, la lingua ufficiale della poesia. Anche i poeti toscani non sono di origini nobili, ma operano in un altro contesto sociale: le città, dove avviene l'evoluzione della scuola siciliana attraverso la generazione di mezzo.
Questi poeti si dividono in due correnti: quella cortese che si riconnette alla poesia e ai valori di quella siciliana in una forma “trobar leu” e l'altra, quella guittoniana (alla maniera di Guittone d'Arezzo) in cui i valori cortesi dell'amore vengono sostituiti dalla negatività e dall'irrazionalità che lo stesso porta a chi lo prova. Da Guittone si sviluppa un vero e proprio sentimento anti cortese che porterà gli stilnovisti e i guittoniani in un continuo polemizzare sulla metrica, sui temi, sullo stile (i guittoniani usano uno stile oscuro, incomprensibile talvolta una forma di “trobar clus”, il “cantare in maniera oscura” dei trovatori in lingua d’oc). Le due correnti si diversificano anche sul piano tematico: gli anticortesi aprono il ventaglio tematico alla politica, alla religione, alla didattica e una poesia “impegnata”, mentre rimangono simili dal punto di vista della sperimentazione metrica e formale (viene introdotta la ballata oltre alla canzone e al sonetto).
Immagine presa da Wikipedia. "Guillem de Cabestany" pagina 178 del Codex Manesse, 1300/1340, Zurigo
Lo stilnovo inizia nel 1280 e finisce nel 1310, circa, e gli esponenti non sono numerosi, anzi, sono una stretta cerchia di amici tra cui il citato Dante Alighieri, Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia e alcuni minori come Lapo Gianni e Dino Frescobaldi. Secondo il filologo G. Folano, gli stilnovisti sono quei poeti che attuano un “richiamo all'ordine”: si ritorna ad una metrica selezionata, tradizionale, lasciando la sperimentazione ai guittoniani, si oppongono all’ ”anarchia individuale” tipica della generazione di mezzo e seguono una strada comune che richiama uno stile dolce, ordinato, semplice, comunicabile in netto contrasto con quella dei seguaci di Guittone. Fondamentale diventa il richiamo all'unico tema della poesia, quello amoroso, trasmesso dai trovatori alla scuola siciliana e ripreso dagli stilnovisti come unico esempio da seguire.
Il tema dell'amore dello Stilnovismo è ripreso da Dante nella sua opera “Vita nova”: un prosimetro del 1294/95 composto da liriche scritte precedentemente (non inedite, ma riadattate per il componimento) e prose, scritte appositamente. La trama della “Vita nova”, titolo in latino che sta a significare “vita rinnovata” in questo caso dall'amore, è la storia tra Dante e Beatrice e dell'amore del poeta per lei. La storia è costituita da piccoli eventi, saluti e saluti mancati nel contesto urbano fiorentino. L'opera è segnata da un evento drammatico, la morte di Beatrice (il poeta ci dà indizi, poco chiari anche sulla data, 8 giugno 1290) che cambia il modo di far poesia di Dante: l'amata angelica in terra, diviene un angelo vero e proprio e il poeta non blocca la sua produzione letteraria, ma cerca di scrivere cose più elevate per arrivare a lei. Infine, Dante tradisce la memoria dell'amata con “Donna pietosa”, che ha pietà del suo dolore, per poi ritornare al ricordo di Beatrice. Il prosimetro si conclude con una visione di Dante in cui l'amata è nell'alto dei cieli e lui, deciderà di non scrivere più fino a quando non riuscirà a scrivere adeguatamente di lei.
Immagine presa da Rai Cultura. "Dante che incontra Beatrice", Raffaello Sorbi, 1863, collezione privata
Nell'analisi della poesia “Tanto gentile e onesta pare” possiamo dire che Dante prosegue con lo stile di Cavalcanti del sonetto “Chi è questa che ven” e spiega gli effetti che Beatrice produce su chi la vede per strada “ch’ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare.”. Le parole che il poeta usa sembrano semplici e chiare, ma in realtà ci sono espressioni che con il passare dei secoli hanno assunto significati diversi, ad esempio: gentile, onesta, piacente, ecc. Talvolta quindi, un errore comune nella parafrasi del testo, è quello di modernizzare semplicemente il linguaggio (il filologo Contini ne fa una dettagliata e significativa parafrasi).
Tanto d'animo nobile e dal comportamento adeguato appare la mia amata, quando semplicemente saluta gli altri che tutti rimangono in silenzio tanto è il tremore fisico delle labbra e non smettono di guardarla.
Tutti la riempiono di lodi e lei si veste di benevolenza interiore, tanto che sembra una creatura vivente scesa sulla terra per dimostrare un miracolo.
A chi la guarda si mostra nella sua bellezza e dona dolcezza nel cuore di chi la guarda che solo chi l'ha provato può capire.
E quando cambia la sua espressione del volto, diventa la personificazione dell'amore puro che sussurra alla tua anima: “sospira”.
Immagine presa da Pamono. "La Divina Commedia: Dante e Beatrice", Salvador Dali, 1963, Xilografia
La lode, appare molto spesso in questa poesia e in altre produzioni, tant'è che è proprio Dante che la definisce “poesia della lode” e trova il culmine in questo sonetto. In questa lirica appare evidente come cambia la concezione dell'amore per gli stilnovisti: l'amore diventa gratuito, senza ricambio e si appaga attraverso il poter parlare del sentimento amoroso. La poesia diventa un atto generato dall'amore, in una concezione abbastanza moderna di “arte fine a sé stessa”. Fare poesia diventa necessario perché l'amore detta e il poeta scrive. La “poesia della lode” si allontana dal concetto di disuguaglianza dell'amore cortese: la donna non è più oggetto del desiderio, ma un essere angelico da adorare e lodare. L'amore non cerca corrispondenza, ma si appaga da solo e la poesia smette di essere lo strumento per ottenere qualcosa, ma diventa l'insieme delle lodi all'amata.
Il capitolo della “Vita nova” in cui è inserito il sonetto di cui stiamo parlando è composto da due parti, la prima parla di Beatrice e gli effetti che produce sugli uomini che la guardano (“Tanto gentile e onesta pare”) mentre la seconda è composta da un ulteriore sonetto in cui viene esplicitato l'effetto della compagnia di Beatrice sulle altre donne, che arrivano più vicino a Dio diventando simili a lei (“Vede perfectamente ogne salute”).
La metrica di “Tanto gentile e onesta pare” è tipica del sonetto composto da due quartine con schema ABBA – ABBA (rime incrociate) e due terzine con scherma CDE – EDC (rime invertite).
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