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Letizia Destefanis

Sabba ed esorcismi: le angosce delle “pitture nere” di Francisco Goya

Francisco Josè de Goya Lecientes, nasce a Fuendetodos, in Spagna nel 1746. La sua famiglia, appartenente alla classe media, gli permise di studiare pittura presso diversi atelier, fin dall’età di quattordici anni. Studiò con diversi pittori fino ad approdare alla corte spagnola di Madrid, diventando da prima “pittore di camera del re” e poi, verso fine secolo “primo pittore di corte”. Un quadro che ben rappresenta questa fase è “Famiglia di Carlo IV” dipinta nel 1800-1801, in cui mostra uno sfacciato realismo che contribuisce, insieme ad un sapiente uso della luce, la protagonista indiscussa dei suoi dipinti, a dimostrare la decadenza e la mediocrità della casata reale.

Dipinto  "La famiglia di Carlo IV" 1800-1801, Museo del Prado, Madrid. Francisco Goya

Immagine presa da Wikipedia. "La famiglia di Carlo IV" 1800-1801, Museo del Prado, Madrid

Ancora semi sconosciuto fece un viaggio a Roma per vedere dal vivo quello che, all’epoca, era considerato l’epicentro del classicismo, un modello a cui far riferimento per qualsiasi forma di arte. Qualche anno dopo, una malattia, imputabile all’intossicazione da piombo presente nei colori o più semplicemente alla sifilide, lasciò Goya in uno stato di paralisi temporanea, con forti mal di testa, disturbi visivi e vertigini. La convalescenza alquanto lunga, lasciò un irrecuperabile sordità al pittore. In questo scenario di malattia, la sua pittura allegra, giocosa e colorata, lascia spazio a toni scuri, alle raffigurazioni agghiaccianti, inquiete e ad eventi catastrofici (ad esempio “Il naufragio” 1794) o interni di manicomi (“La casa dei matti” 1812-1819).

Dipinto "Il naufragio" 1794, Bowes Museum, Regno Unito di Francisco Goya

Immagine presa da Pinterest. "Il naufragio" 1794, Bowes Museum, Regno Unito

Il suo grande amore dopo la pittura fu Maria Teresa Cayetana de Silva, un affascinante nobile spagnola, molto vicina come posizione alla regina, con cui la relazione sentimentale rimase clandestina, ma incendiata dalla passione. Intanto in Spagna i cambiamenti geopolitici portarono alla guerra civile per l’indipendenza, conclusasi con l’allontanamento delle truppe napoleoniche dal territorio. Goya ne denuncia la drammaticità con la sua pittura: ne sono un esempio il ciclo “Disastri della guerra”, “2 maggio 1808” e il “3 maggio 1808”. E’ proprio in quest’ultimo dipinto che descrive l’atto della fucilazione, che Goya si accerta che venga fuori l’orrore della guerra, a fare la differenza è la scena: un atto unico, realisticamente cinematografico in cui la c’è crudeltà del sangue sul terreno, la paura negli occhi del fucilato, i soldati che a fatica rispettano l’ordine impartito dai superiori, tutto dipinto con pennellate veloci, imprecise, piene di materia, il colore, che spazia dalle tonalità dei bruni, gialli, al rosso che tende al nero e sembra gonfiarsi sotto la drammaticità della scena.

Dipinto "3 Maggio 1808" 1814, Museo del Prado, Madrid di Francisco Goya

Immagine presa da Arteworld. "3 Maggio 1808" 1814, Museo del Prado, Madrid

Nel 1819 allontanatosi dalla corte spagnola, dopo l’incoronazione di Ferdinando VII, con la compagna Leocadia Zurrilla, Goya ebbe una ricaduta e proprio nella sua casa di campagna, soprannominata dagli abitanti del luogo "Quinta del Sordo” ossia “casa del sordo”, affrescò le pareti con le spaventose “Pitture nere”. Le opere diventano quasi monocromatiche, dai toni scuri, talvolta “graffiati” di un bianco iridescente, i volti delle figure sono deformati, molto vicini a volti animaleschi, le sagome stesse sembrano animali e spesso compare un caprone, simbolo del maligno che lui usa per denunciare la sua oppressione. Nelle “Pitture nere” trovano posto le sue angosce, i suoi tormenti, sotto forma di streghe e mostri, e pur rappresentando la follia egli non ci giunge mai. Follia però, è stata decorare le pareti della “Quinta del Sordo” e convivere nella quotidianità con quelle immagini che comprendono ben quattordici scene di stregoneria ed esorcismi, poi successivamente trasferite al Museo del Prado. Il dipinto più particolare del “periodo scuro” è “Il sabba delle streghe” dipinto tra il 1821 e il 1823 in cui in primo è piano è ben visibile la silhouette di Satana, ossia il caprone, che presenzia al sabba insieme ad un gruppo di donne disposte a semicerchio. Gli sguardi delle streghe sembrano terrorizzati, ma anche assorti. La scena è chiusa e noi spettatori, sembriamo essere nascosti dietro ad un cespuglio e sbalorditi osserviamo l’insieme.

Dipinto "Il sabba delle streghe" 1821-1823, Museo del Prado, Madrid di Francisco Goya

Immagine presa da Arteworld. "Il sabba delle streghe" 1821-1823, Museo del Prado, Madrid

Il feroce assolutismo di Ferdinando VII lo fece allontanare dalla Spagna con un pretesto e recatosi per un breve soggiorno a Parigi, strinse amicizia con Delacroix e Ingres. Presa dimora fissa a Bordeaux, nel 1828 a seguito di un'ulteriore paralisi, morì nella notte del 15 aprile. Le sue spoglie vennero seppellite in Francia, nel cimitero della città che l’aveva adottato, vicino al consuocero. Cinquant'anni dopo il console spagnolo, trovando la sepoltura indecorosa per lo stato in cui versava, avviò le pratiche per il trasferimento della salma in Spagna, pratiche che risultarono ridicolmente lunghe se si pensa che la nuova tumulazione avviene solo nel 1919, in quell'occasione si scoprì che allo scheletro mancava la testa, del quale non si seppe mai nulla: un paradosso se si pensa che uno dei suoi dipinti più famoso “Saturno che divora i suoi figli” presenta l’uomo che mangia la testa ad uno dei suoi figli.

Dipinto "Saturno che divora i suoi figli" 1821-1823, Museo del Prado, Madrid di Francisco Goya

Immagine presa da Wikipedia. "Saturno che divora i suoi figli" 1821-1823, Museo del Prado, Madrid

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