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Letizia Destefanis

Piero Manzoni e l’ironia della “Merda d’artista”

Piero Manzoni, nacque a Soncino, in provincia di Cremona nel 1933, ma crebbe a Milano. La sua famiglia era nobile e ricca, per cui dopo gli studi classici, Piero si iscrisse alla facoltà di legge. Proprio all’università entra in contatto con gli ambienti artistici, conosce Lucio Fontana, celebre per le sue “tele tagliate”, e inizia a dipingere paesaggi ad olio di stampo classico. Sono gli anni del dopoguerra quando Piero Manzoni si avvicina al circolo dell’arte milanese e in poco tempo ne diventa uno dei massimi esponenti. 

Fotografia in bianco e nero di Piero Manzoni (1933-1963)

Immagine presa da Finestra sull'arte. Fotografia in bianco e nero di Piero Manzoni (1933-1963)

Il suo esordio verso la metà degli anni ‘50, rivela una pittura informale caratterizzata da note personali in linea con il movimento neodadaista, dimostrando un forte interesse per il rapporto arte-realtà, riportando sulle tele elementi del quotidiano. Con “Achromes” del 1957, l’assenza espressiva ha l'intenzione di riportare al punto zero della pittura attraverso l’uso del caolino, un’argilla bianca, che crea pieghe sulla tela e che diventa materia. In altre tele, sulla stessa linea, Manzoni, adatta anche oggetti quotidiani ricoprendoli di argilla bianca. Con questi primi lavori, l’artista sperimenta “l’anti-pittura” arrivando a lavori di natura concettuale, esenti dalle freddezze mentali di alcuni movimenti artistici della zona milanese.

 “Achromes” , Piero Manzoni, 1959, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino

Immagine presa da Castello di Rivoli. “Achromes” , Piero Manzoni, 1959, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino

Ogni produzione di Manzoni riflette un’intensa ironia fatta principalmente di paradossi e, soprattutto, un senso “fisico” dell'esperienza artistica, in cui il pensiero non è al di fuori della vita, bensì interno. “Fiato d’artista” o “Merda d’artista” del 1961 ne sono una prova: l’interesse della natura umana per la fisicità si sposa con l’ironia irriverente, motivata dalla voracità del mercato, specialmente quello dell’arte. “Merda d’artista” ad esempio, consiste in un piccolo contenitore di latta, tipo quello del tonno che si trova nei supermercati, ma con l'etichetta in varie lingue che descrive il contenuto “Merda d'artista. Contenuto netto gr.30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel Maggio 1961”.  La descrizione stride ironicamente con il contenuto reale e riprodotta in vari esemplari, con numero di serie e firma di Manzoni sul coperchio, si trasforma in un bene di “consumo”. Il prezzo doveva corrispondere a 30 grammi d’oro, un'allusione lampante del valore dell’artista che sfruttando i meccanismi commerciali della società dei consumi, può vendere il proprio “scarto” a peso d’oro.

"Merda d'artista", Piero Manzoni, 1961

Immagine presa da Wikipedia. "Merda d'artista", Piero Manzoni, 1961

Quest’opera costò a Manzoni un’interpellanza parlamentare. La critica riverso sull’artista ulteriori pesanti accuse, definendolo un artista che volesse in qualche modo trovare un mezzo per diventare “eterno” e che questa opera essendo un pezzo dell’artista debba essere venerato come sacro. “Fiato d’artista” rappresentava simbolicamente la stessa cosa, ma con l’utilizzo di palloncini gonfiati direttamente dall’artista.

Firma su modella vivente, Piero Manzoni, 1961

Immagine presa da Rome Guides. Firma su modella vivente, Piero Manzoni, 1961

Il processo artistico diventa un’esperienza di vissuto, non privo di giudizio sull’arte stessa, nella sua essenza e sul potere creativo dell’artista. La firma diventa un momento di arte, firmare le modelle vive e nude oppure lasciare la propria impronta digitale su delle uova sode offerte agli spettatori e invitarli a mangiare un pezzo d’arte, durante la sua performance “Consumazione dell'arte, dinamica del pubblico, divorare l'arte” del 1960, sul cui invito si legge:

La S.V. è invitata per le ore 19 di Giovedì 21 luglio 1960 a visitare ed a collaborare direttamente alla consumazione delle opere esposte da PIERO MANZONI"

Risultano gesti provocatori che spingono con ironia a riflettere sul senso e sulla natura dell’atto artistico. Nel 1961 durante “Basi magiche” dove qualsiasi persona passasse sopra a queste basi veniva firmata, ci furono anche le scarpe di Umberto Eco e Mario Schifano, con tanto di certificato di autenticità. Il valore dato all’opera d’arte è lo specchio di quei tempi, la scatoletta ne è diventata il manifesto, la testimonianza delle assurdità raggiunte dal mercato dell’arte, capace di premiare qualsiasi prodotto artistico, indipendentemente dal suo valore simbolico, purché fosse firmato da un personaggio illustre con intento speculativo.

"Uovo scultura n.29", Piero Manzoni, 1960, MADRE - Museo di Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli

Immagine presa da Fondazione Piero Manzoni. "Uovo scultura n.29", Piero Manzoni, 1960, MADRE - Museo di Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli

Piero Manzoni morì d’infarto a  soli 29 anni nel suo studio, nel febbraio del 1963. La sua eredità artistica è sparsa per tutto il mondo: la scatoletta n.01 si trova al Museo di San Fedele di Milano, la n.04 al Tate Modern di Londra, il n.80 al Museo del Novecento sempre a Milano, il n.31 al Centro Georges Pompidou di Parigi e la n.14 al Museum of Modern Art di New York e altre appartengono a collezionisti privati. La stima di una singola scatoletta varia dai 300.000 ai 400.000 euro, l’uovo sodo con l’impronta digitale è quotato a 100.000 euro.


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