Analizzare le opere giovanili di Boccaccio fa percepire i cambiamenti messi in atto nei gusti delle corti signorili del ‘300. Il secolo si apre, in letteratura, con la crisi dello Stilnovismo di Dante e compagni (se vuoi leggere qualcosa in più ti consiglio questo articolo https://letiziadestefanis9.wixsite.com/lastanzaverde/post/tanto-gentile-e-onesta-pare-%C3%A8-lo-stendardo-dello-stilnovismo-di-dante ), di base perché, anche la corte fiorentina e tutta la Toscana, attraversavano una crisi istituzionale, mentre nell’Italia settentrionale sebbene, iniziano a svilupparsi i comuni, sono ancora molte le famiglie potenti che governano le città. Questo è dovuto alla rapida successione di casate nobili sia locali che esterne, favorite dall’ultimo tentativo di discesa in Italia dell’imperatore germanico Enrico VII di Lussemburgo tra il 1310 e il 1313. Se al nord i nobili appoggiarono questa azione, le città guelfe toscane opposero resistenza, di conseguenza, le prime acquisirono potenza e prestigio, ad esempio Mantova con i Gonzaga, Verona con gli Scaligeri e i Visconti a Milano, le seconde entrarono in crisi.
"La cacciata dei Bonacolsi da Mantova", Domenico Morone, 1494, Palazzo Ducale di Mantova
Sono ancora lontane le corti nel ‘400, ma le signorie diventarono presto, centri politici con scambi sociali e culturali, capaci di imporre un nuovo modo di vivere, un nuovo galateo (se vuoi leggere di più ti consiglio questo articolo https://www.lastanzaverde6.com/post/galateo-e-l-etichetta-le-norme-di-comportamento-dei-secoli-passati ), insomma una nuova concezione di nobiltà e di conseguenza un nuovo ruolo della cultura e della letteratura. Le città del nord Italia diventarono i nuovi poli culturali e molti lirici toscani lasciarono il centro per il settentrione, altri nasceranno direttamente al nord. Iniziò a svilupparsi così la figura dell' intellettuale di corte, al servizio del signore con lo scopo di intrattenere e propagandare la figura del signore anche tramite la poesia.
Foto del castello di Castelvecchio con il ponte fortificato che permetteva il collegamento tra le due sponde dell'Adige, Verona, 1354-1356
La storia della lirica quindi prende un percorso diverso da quello che ci saremmo aspettati: nasce nella Francia meridionale, passa dal volgare italiano della scuola siciliana, arriva al centro con il volgare toscano e si stabilisce infine al nord Italia. Il volgare toscano ha lasciato tracce indelebili perché nelle corti settentrionali si continuerà a scrivere in questa lingua, diventando una “lingua straniera” per i poeti del nord Italia e si contamina con le forme dialettali presenti nel territorio, rimanendo di base toscano. Per quanto riguarda la forma, storiografie, trattati e prosa vengono scritti in volgare: se nel ‘200 i temi “impegnati” sono tipici della poesia, ora vengono sviluppati in prosa. I testi poetici si allungano, diventando dei poemi allegorici-narrativi, percorrendo il sentiero della “Divina Commedia” di Dante.
"Giovanni Boccaccio, particolare del Ciclo degli uomini e donne illustri", Andrea del Castagno, 1450, Galleria degli Uffizi, Firenze
E’ in questo contesto che nasce e cresce Giovanni Boccaccio. Sebbene nato in Toscana nel 1313, segue il padre banchiere a Napoli, dove lavora presso la corte angioina, una delle corti più grandi fino al 1340. E’ a Napoli che riceve la sua formazione, in una corte molto diversa da quella Toscana: non lo appassiona molto la lirica, ma il racconto si e così sperimenta nuove forme, in una continua ricerca del nuovo, un tratto tipico del ‘300, anticlassicista, innovativo, aperto al nuovo e di conseguenza “disordinato”. Le opere di esordio sono il “Filocolo” un romanzo e il “Filostrato” un poema romanzato, composto da una metrica di sua invenzione, in ottave. La distanza che lo separa dalla generazione di mezzo è tantissima, basti pensare che Guinizzelli e Cavalcanti, non hanno scritto nulla se non in lirica, oltre al fatto che il tema amoroso lascia il posto a quello politico, morale e propagandistico.
"Il Decameron, le donne di Boccaccio", J.W. Waterhouse, 1916, National Museums Liverpool, Regno Unito
Boccaccio lavora alla sua opera più grande negli anni immediatamente successivi alla peste del 1348, dal quale prende spunto per l’incipit: dieci ragazzi, di cui 7 donne e 3 uomini, decidono di salvarsi andando in una villa di campagna, nei dintorni di Firenze. Il loro passatempo sarà la creazione di una corte in cui ogni giorno c’è una regina diversa che da un tema o lascia liberi gli altri di scrivere novelle, dieci al giorno quindi, da cui prenderà il nome dell’opera “Decameron”. Fondamentalmente si tratta di una commedia umana in cento novelle: la commedia è un chiaro riferimento a Dante, umana perché si svolge sulla terra con chiari riferimenti al divino. I temi trattati nel Decameron sono la fortuna, l'ingegno, l’amore e il denaro. Lo sviluppo della trama avviene in un momento di rinascita economica e sociale e quest’opera è il terreno di questa rinascita: l’epopea dei mercanti affascinati e aperti al dio denaro, l’intelligenza che diventa l’arma della borghesia, come nella novella “Ser Ciappelletto”, l’amore è universale, quello dei sensi, dei sacrifici, del rifiuto come in "Federigo degli Alberighi”. La fortuna, la vera protagonista dell’opera, unita all’avventura è qualcosa di prettamente terreno, che l’uomo non può controllare.
"Nastagio degli Onesti III - Il banchetto nel bosco", Botticelli 1445-1510, Museo del Prado, Madrid
Il realismo nei temi trattati è molto evidente e Boccaccio ne diventa uno dei massimi esponenti del 1300, ad esempio in “Andreuccio da Perugia” la descrizione di Napoli è molto realistica, articolata, precisa e drammatica talvolta, ma fondamentalmente realtà dei fatti. La tecnica narrativa dimostra le capacità stilistiche di Boccaccio: i mercanti, la borghesia, i poveri e gli sciocchi, parlano in maniere diverse così come è diversa la forma linguistica a secondo delle varie regioni italiane dei personaggi, ostentando una grande estensione linguistica.
L’innovazione maggiore all’interno dell’opera è da descrizione del rapporto uomo-donna, le due facce dello stesso mondo. Boccaccio dichiara che l’opera è destinata alle donne, perché sono loro chiuse a casa, non libere di farsi passare le pene d’amore come vogliono, a differenza degli uomini, quindi il "Decameron" è un dono dell’autore alle donne. Questo fa ritenere Boccaccio femminista, anche per il ritratto realistico e consapevole che fa della donna nella novella “La principessa Alatiel” oppure accerchiata dalle ingiustizie come in “Lisabetta da Messina”.
Una delle pagine del codice Hamilton 90, 1370, conservato Staatsbibliothek di Berlino
L’opera viene ultimata nei primi anni cinquanta, anche se durante tutta la sua vita rimetterà mano, ritoccandola. La sua ultima volontà per quanto riguarda l’opera, è un un manoscritto autografo, il codice Hamilton 90, consultabile presso la Staatsbibliothek di Berlino e databile 1370, cinque anni prima della sua morte, in cui si trovano le ultime modifiche del “Decameron”. Boccaccio termina di scrivere in prosa volgare nel 1360 quando prende gli ordini sacri e intensifica la produzione di opere in latino di ispirazione classica e biblica. Muore a Certaldo nel 1375, un anno dopo Petrarca
Edizione de "L'indice dei libri proibiti" del 1564, stampato a Venezia
Per quasi 150 dalla sua pubblicazione il Decameron non ebbe nessun problema, in quanto la tolleranza medioevale verso alcuni temi era maggiore rispetto al Rinascimento. Fu nel 1557 che Papa Paolo IV, istituì “L’indice dei libri proibiti”, una sorta di elenco in cui venivano messi al bando libri eretici, una censura papale. Il "Decameron" vi entrò praticamente da subito, principalmente per i temi sull’amore, sebbene nessuna scena venne descritta in maniera esplicitamente pornografica. Successivamente venne censurata perché conteneva riferimenti alle figure ecclesiastiche di cui non si poteva parlare, come vescovi, preti, ed eretiche come i maghi, la successiva intervenne eliminando intere parti di testo delle novelle, che persero tutto il loro significato perché non rispettavano i costumi, perchè avevano doppi sensi, insomma misero mano all’opera stravolgendola del tutto. La vicenda è assurda se si pensa che si tratta di arte letteraria e nei secoli sono stati censurati anche "I fiori del male" di Charles Baudelaire, "Le avventure di Sherlock Holmes" di Arthur Conan-Doyle, "Alice nel paese delle meraviglie" di Lewis Carroll e altri che allungherebbero la lista inesorabilmente, opere che mai ci saremo aspettati e che questa follia è stata abolita solo nel 1966 da papa Paolo VI.
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