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Letizia Destefanis

Dorico, ionico e corinzio: i fondamenti dell’architettura classica

La fine della civiltà micenea, determinò nell’area greca una fase di stallo culturale visibile dalla scarsità di monumenti di grandi dimensioni e dalla mancanza di scritti. Fondamentali per questa decadenza sono state le invasioni dall’oriente delle popolazioni come i dori e la dispersione di altrettanti popoli come ad esempio gli ioni, verso est. Dopo questo periodo chiamato “medioevo ellenico” nasce la più caratteristica istituzione del mondo greco: la polis, ossia la città.

Vista panoramica della polis di Atene

Immagine presa da anankenews. Vista panoramica della polis di Atene

Come in ogni epoca, l'ampliamento degli insediamenti portò ad una gestione organizzata degli spazi, specialmente quelli pubblici e quelli sacri. La parte più ampia della città diventa l’agorà dove si concentrano gli edifici pubblici, i quartieri artigiani e gli organi politici cittadini. I santuari come quelli di Olimpia e Delfi, che sono tra i più famosi,  si trovavano  nella parte alta della città, chiamata acropoli e fungevano da “casa” del dio per il quale era stato costruito. Gli spazi all’interno della polis furono così progressivamente occupati dagli edifici, sempre più monumentali e di culto, che simboleggiano la ricchezza e la potenza della città. Ovviamente i monumenti non furono l’unica grande rivoluzione ellenica, furono attuati anche importanti interventi urbanistici necessari per il continuo aumento della popolazione riguardanti le fognature, il traffico nelle strade e le fontane pubbliche.

Come abbiamo accennato, nella civiltà greca il santuario era un luogo privilegiato, un luogo di incontro tra l’uomo e dio, dove egli si manifestava attraverso gli oracoli o i sacerdoti, che dedicavano la loro esistenza al culto. Questi luoghi hanno da sempre avuto un ruolo fondamentale nello studio dell’arte in quanto riconoscibili attraverso i tre ordini architettonici distinti: dorico, ionico e corinzio. 

Foto panoramica del Tempio di Segesta, Trapani, Sicilia

Immagine presa da Wikipedia. Foto panoramica del "Tempio di Segesta", Trapani, Sicilia


Lo stile dorico fu il primo a raggiungere una forma definita e si diffuse nel VII secolo a.C. iniziando dal Peloponneso, in particolare nella città di Argo, con un tempio dedicato ad Era e  a Corinto con il “Tempio di Apollo”. In seguito lo stile dorico arrivò fino alle colonie di Corfù, Siracusa e Magna Grecia. La società in cui si sviluppò lo stile dorico era caratterizzata dalla solennità che si tradusse in edifici rigorosi e massicci, con forme semplici e proporzionate, senza esuberanza decorativa. Le colonne doriche sono tozze, con un rapporto 1:4 o 1:5 tra base e altezza, appoggiate direttamente sul pavimento. Esse hanno sul fusto, a tre quarti dell’altezza, un rigonfiamento per correggere un difetto ottico visibile da lontano. Elemento caratteristico sicuramente è il capitello che ha una struttura molto semplice: due elementi, echino di forma rotonda e abaco di forma quadrata, che sorreggono tutta la parte della trabeazione, ossia la parte decorativa posta sopra alle colonne. Come decorazioni possiamo trovare bassorilievi o dipinti, ma comunque semplici e poco esuberanti. Per quanto riguarda la pianta, il tempio dorico ha una forma rettangolare con otto colonne nella parte frontale e una cella, o sala, centrale, ciò è visibile nel “Tempio di Artemide” a Corcira, eretto attorno al 580 a.C. Le otto colonne, anziché sei, creavano un ampio spazio porticato, che veniva usato sia per le processioni che per le feste, le proporzioni massicce rendevano possibile l'installazione all’interno della cella di un'enorme statua della dea, la sala era divisa in tre navate da ulteriori colonne interne. Le proporzioni monumentali saranno adottate anche in Sicilia, mentre a Corinto, nel “Tempio di Apollo” del 540 a.C., si osserva la tendenza opposta, ossia proporzioni meno slanciate e ritorno ad edifici con sei colonne in facciata.


Immagine prese da Wikipedia. In alto a sinistra, il "Tempio di Apollo" a Epicurio, Ichalia, Grecia, a destra la piantina dello stesso tempio.

Sotto particolare del capitello in stile dorico


Successivamente, fu il periodo dello stile ionico, nato in Asia Minore e nelle isole dell’Egeo nel VIII a.C. A differenza del primo, lo ionico, non fu mai definitivo, creando molteplici varianti a seconda delle città. Le decorazioni, molto più numerose, prendono spunto dall’arte siriaca, con volute e  geometrie.  Le colonne poggiano su scalini e sono molto più slanciate, con un rapporto tra base e altezza di 1:10 e risultano più decorate: la base alterna concavità e convessità, così come il fusto che presenta scanalature molto più profonde. Il capitello  è formato principalmente da volute a spirale e ovuli. La trabeazione è completamente decorata da bassorilievi o statue e la pianta è ancora più ariosa grazie agli spazi tra le colonne, specialmente di fronte alla cella e alle due file di colonne esterne. 

La ricchezza dovuta agli scambi commerciali di numerose città, come Mileto, con l’oriente si tradusse in un'architettura caratterizzata da templi enormi, con tempi di costruzione lunghi e spesso mai completati. Un esempio di architettura ionica è il “Tempio di Era", costruito attorno al 570 a.C. tra Efeso e Samo, dagli architetti locali Ròico e Teodoro. Le sue dimensioni erano grandiose, 52,5 x 105 metri, con dieci colonne sulla parte frontale  e ventuno nella parte laterale. La parte esterna era costituita da due file di colonne, mentre la cella si componeva di tre navate, ma quello che lasciava davvero senza parole era il fatto che, tutte queste colonne erano posizionate in maniera tale da poter osservare l’enorme statua di Era anche dall’esterno dell’entrata. Le 132 colonne, alte tre i quindici e i diciotto metri, creavano una sorta di foresta o un labirinto. Purtroppo questo tempio come altri, era stato costruito su un terreno in movimento e le scosse di assestamento, fecero abbandonare presto il luogo per via dei ripetuti crolli. L’architetto Teodoro fu poi chiamato a realizzare un tempio dedicato ad Artemide a Efeso, che in questo caso, per via della cultura del posto, realizzò lasciando la sala interna a cielo aperto e le decorazioni furono estese anche ai fusti delle colonne nella facciata.


Immagini prese da Wikipedia. Da sinistra: la piantina del "Tempio di Atena Nike" ad Atene, Grecia. Al centro La facciata del tempio e a destra un particolare bassorilievo della "Nike dal sandalo", frammento dalla balaustra scolpita del tempio.


Alla fine del V secolo a.C. si aggiunse anche lo stile corinzio, che tuttavia mantiene le stesse proporzioni e trabeazione di quello ionico, sostituendo solo il capitello. Inizialmente lo stile corinzio fu impiegato nelle decorazioni delle colonne all’interno dei templi e solo successivamente venne impiegato anche all’esterno dove divenne un elemento principale  nell’architettura tardo ellenistica  e specialmente romana, che lo preferì a quello dorico e ionico. Il capitello corinzio era più ornamentale di quello ionico e risolveva meglio il problema delle decorazioni nelle colonne agli angoli, infatti esso è identico su tutti i quattro i lati che consiste in un corpo decorato da due grandi foglie d’acanto in cui si innescano gli elementi dal quale  nascono due volute minori rivolte verso l’interno e due maggiori rivolte verso l’esterno sormontate poi dall’abaco con al centro un fiorone. Esempio dello stile corinzio è il “Capitello della Tholos di Epidauro", un tempio dalla forma circolare composto da una cella interna, anch’essa circolare e una fila di colonne esterne.


Immagini prese da Wikipedia. Da sinistra: il "Tempio di Vesta" a Roma, Italia. Al centro la piantina della "Tholos di Epidauro" di forma circolare e a destra il particolare del capitello corinzio delle "Terme del Foro" a Ostia, Italia


Il primo a parlare di questi tre ordini architettonici come insieme di regole precise e ordinate per elaborare una forma d’arte è stato Marco Vitruvio Pollione nel suo trattato “De Architectura”. Scritto nel I secolo a.C. rimase la base degli studi di arte fino al XIX secolo. L’opera è divisa in dieci volumi, del quale secondo, terzo e quarto sono rivolti proprio agli ordini architettonici dorico, ionico e corinzio. Eppure questi stili non possono essere racchiusi solo nella storia antica, sono elementi che tornano continuamente nelle epoche, specialmente durante il rinascimento, con la voglia di ritornare alla proporzione classica ed è lì che artisti e architetti, come Filippo Brunelleschi e Andrea Palladio, attingono per i loro capolavori, utilizzando quello che può essere definito la base dell’arte.

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