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Banksy, l’artista senza identità

Letizia Destefanis

Artista, attivista e sovversivo, queste sono le caratteristiche che descrivono meglio Banksy, l’artista senza identità. In un'intervista del The Guardian del 2003 è stato descritto come un ragazzo bianco sulla trentina dal look casual, tuttavia non vi è nessuna certezza che la descrizione corrisponda al reale. La cosa più sensata sull’identità di Banksy è che potrebbe corrispondere al fondatore della band inglese dei Massive Attack, in quanto, sia il musicista che il graffitista, hanno dichiarato di prendere ispirazione dalla reciproca arte. Qualunque viso si celi dietro all’immagine di Banksy, nasconde un vero e proprio artista moderno, capace di incantare le masse, di alzare la voce o usare le mani nell’atto artistico, in segno di protesta sociale e culturale fin dall'esordio nel 1998, quando insieme ad un gruppo di artisti di strada di Bristol organizza la “Walls on fire”: un weekend in cui artisti di tutta Europa disegnano su una palizzata di 365 metri, nel rispetto dello stile altrui.

"Walls on fire", agosto 1998, Bristol

Immagine presa da BanksyUnofficial. "Walls on fire", agosto 1998, Bristol

Nel 2002 iniziano a comparire sui muri della periferia londinese, i “Rat” che spiega lui stesso così: 

“Sono piccoli, odiati, perseguitati, disprezzati, vivono nel substrato della città, nelle fogne e nelle discariche. Eppure sono capaci di mettere in ginocchio intere civiltà, di colonizzare aree e dettare legge.” 

Banksy

I molti graffiti, sia a Bristol che a Londra, talvolta vengono rovinati, ma la gente del posto, che sembra apprezzare particolarmente l’arte di protesta di Banksy, li ripulisce e li cura, nel mentre l’artista arriva a Los Angeles con la sua prima vera e importantissima mostra chiamata “Existencilism”, termine che fonde le parole stencil, ovvero la tecnica più usata, e esistenza. “Existencilism” è anche il titolo di uno dei tre libri pubblicati da Banksy, chiamati “Black books” ormai introvabili. La mostra avviene su supporti tradizionali e attraverso la documentazione fotografica e video.

Nel 2003 con la mostra “Turf war”, tenuta in un magazzino, richiama l’attenzione degli attivisti per i diritti degli animali, infatti sono presenti maiali vivi e una giovenca verniciata di rosso, con lo stencil del volto di Andy Warhol (1928 - 1987) su un lato. Risale a quest’anno anche il famoso “Flower thrower”, il lanciatore di fiori, che si trova sulla parete laterale di una concessionaria di auto di Betlemme. 

“Flower thrower”, 2003, Betlemme

Immagine presa da Wikipedia. “Flower thrower”, 2003, Betlemme

Sono dell’anno successivo “McDonald’s sta rubando i nostri figli”, un evento della durata di nove ore in cui denuncia il cibo spazzatura venduto nella famosa catena di fast food e "Banksy of England”, dove sostituisce il volto della regina sulle dieci sterline con quello della principessa Diana. Queste banconote verranno usate come invito alla mostra “Santa’s ghetto” a Betlemme. Nel 2007 viene venduta una banconota di Banksy al prezzo di 24 mila sterline.

Un nuovo progetto nel 2005 lo coinvolge in una mostra con opere più classiche: una ventina di dipinti classici in cui interviene con il suo stile, che lui definisce “capolavori remixati”. La parodia delle ninfee di Monet “Show me the Monet”, verrà venduta all’asta per 7,5 milioni di sterline.

“Show me the Monet”, 2005, Collezione privata

Immagine presa da Exibart. “Show me the Monet”, 2005, Collezione privata

La mostra che consacra  Banksy al mondo della denuncia sociale è “Barely legal”, avvenuta nel 2006 quando un enorme elefantessa indiana, dipinta con la stessa fantasia della sala, accoglieva i visitatori che ricevevano un biglietto nel quale c’era scritto:

“C’è un elefante nella stanza. C’è un problema di cui non abbiamo mai discusso. Il fatto è che la vita non è più giusta. 1,7 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile. 20 miliardi di persone vivono sotto il livello di povertà. Ogni giorno centinaia di persone sono indotte a sentirsi male a causa di alcuni cretini matricolati che dicono loro quanto ingiusto sia il mondo, ma non fanno niente per cambiare le cose. Qualcuno vuole un bicchiere di vino?”. 

La mostra ha accolto 75 mila visitatori in soli tre giorni.

“Barely legal”, 2006, Los Angeles

Immagine presa da BanksyUnofficial. “Barely legal”, 2006, Los Angeles

“Santa’s ghetto” accennata prima, è una mostra organizzata a Betlemme per quanto riguarda la questione palestinese: l’evento ha unito numerosi artisti e writers. 

Banksy approda al Bristol Museum nel 2009, con l’esposizione di cento opere tra dipinti, sculture, installazioni, alla fine della quale il museo ha inserito due opere permanenti nella collezione. Il disastro ecologico nel Golfo del Messico, lo spinge a fare un aspra polemica inserendo, nei pressi del porto di Brighton, un finto delfino impigliato in una rete intento a saltare un bidone da cui fuoriesce del petrolio. Sempre nel 2010 arriva il docufilm “Exit through the gift shop”, candidato agli oscar, in cui ovviamente non appare mai l’artista, se non come regista.

Nel 2013 Banksy annuncia una “resistenza artistica” mentre si trova a New York: farà un’opera al giorno per un mese, ma interviene persino il sindaco della città con una pesante condanna dell’iniziativa. Il tutto sarà raccontato nel documentario “Banksy does New York” perché nessuna delle trenta opere sopravvivrà. Nel 2018 viene venduta all’asta una delle sue opere più famosa “Ragazza con il palloncino” per 1,4 milioni di dollari, ma al termine della trattativa, al suono del martello in legno, un meccanismo di frantumazione incastonato della grossa cornice, distrugge l’opera riducendola in strisce. Il video diventato virale, mette in luce il dibattito tra arte e mercato.

"Ragazza con il palloncino" immagine dopo la vendita che prende il nome di "L'amore è nel cestino", 2018, Collezione privata

Immagine presa da Artness. "Ragazza con il palloncino" immagine dopo la vendita che prende il nome di "L'amore è nel cestino", 2018, Collezione privata

Anche la questione degli influssi migratori del Mediterraneo non ha lasciato indifferente l’artista, che con i proventi della vendita delle sue opere, acquista una nave per il salvataggio e la ricerca di migranti dispersi. Stesso discorso per la guerra in Ucraina: Banksy ha rivendicato la paternità dei sette opere fatte nelle città bombardate, tant’è che le Poste ucraine hanno prodotto un francobollo con un’opera, in occasione del primo anniversario del conflitto.

"Migrant child", 2019, Venezia

Immagine presa da La Repubblica. "Migrant child", 2019, Venezia

Questo è quello che sappiamo, o c’è da sapere, su Banksy, un artista che non ci mette il volto nel pubblicizzarsi, ma che fa della sua arte un marchio riconoscibile, inaccettabile per alcuni, ma che comunque sa prendere i punti più difettosi della società, talvolta celati nel silenzio e farli uscire con bombolette e frasi shock che scombussolano quel mutismo.


Di seguito vi lascio un pò di foto che ho fatto alla mostra "Banksy paiting walls, an unauthorized exhibition" che ho avuto il piacere di visitare alla Villa Reale di Monza a Luglio 2023

















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